05/11/12 - Articolo de "IlGiornale.it": "Il caso: L'imposta inserita nella legge di stabilità"
Il caso: L'imposta inserita nella legge di stabilità
di Andrea Cuomo
Roma. Hanno donato alla pace una parte di sé, la propria salute, un pezzo del proprio corpo. Eppure lo Stato medita di fare cassa anche sulla loro pelle. Sono i titolari delle pensioni di guerra e delle relative indennità, che la legge di stabilità prevede di assoggettare all'Irpef nel caso in cui il beneficiario abbia un reddito superiore ai 15mila euro. Una norma su cui grava peraltro un grave sospetto di incostituzionalità, trattandosi in realtà non di vitalizi veri e propri bensì di atti risarcitori riconosciuti dallo Stato a quanti, a causa di guerre o in occasioni di missioni di pace in zone calde del mondo, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto. Eppure la battaglia di quanti in tutti gli schieramenti politici stanno cercando di stralciare questa voce dalla legge di stabilità non è ancora vinta. Tra i più attivi è Gianfranco Paglia, 42 anni, deputato di Fli e ufficiale dell'esercito, sulla sedia a rotelle da quando, nel 1993, da sottotenente dei paracadutisti venne gravemente ferito nell'agguato di Aidid, in Somalia, che costò la vita ad Andrea Millevoi, Stefano Paolicchi e Pasquale Baccaro. Paglia non ha mai smesso di combattere per ridurre la sua disabilità e per la dignità delle forze armate. Fino all'impegno politico. Dal quale peraltro oggi Paglia minaccia di dimettersi: «Annuncio sin d'ora le mie dimissioni da deputato al Parlamento, qualora dovesse essere approvato dalla Camera lo scellerato provvedimento che tassa le pensioni dei reduci di guerra», ha dichiarato qualche giorno fa al Secolo d'Italia. Del resto, fa notare, «faremmo volentieri a meno del risarcimento pur di riavere quanto abbiamo perso, senza per nulla rinnegare quanto abbiamo fatto e quanto ci è costato». Paglia conduce la sua battaglia anche sui social network, dove ha mobilitato decine di persone. Indignate per un provvedimento moralmente aberrante a fronte peraltro di un introito per l'erario davvero insignificante. «Senza memoria e riconoscenza verso chi ha lottato per la nostra Patria!», accusa il governo Sabrina Cortese. «È vomitevole quello che hanno fatto», rincara la dose Anna Mancuso. «D'altronde - fa notare Nicola Capurso - certi ciarlatani del bene dell'Italia... che ne sanno di crescere senza un padre, vivere senza un marito o passare il resto della vita su una carrozzella o in attesa di morire a causa dell'uranio?». E mentre Francesco Simonetta non si sorprende più di tanto visto che l'Italia «è il Paese che si lascia fare pipì in testa da una regione dell'India», Giuseppe Tocco suggerisce un'altra strada per sanare i nostri conti: «I tagli debbono farseli nei loro stipendi e forse l'Italia si solleva un po'. Io, vincitore di concorso dei carabinieri, sono fuori a causa della spending review, ora qui si parla di fare i tagli sugli invalidi di guerra. Mi sa che c'è qualcuno che sta esagerando un po'». Alessandro Tiranti porta la sua testimonianza di «figlio di un militare di leva catturato dai tedeschi in Grecia deportato in Germania nei campi di lavoro e tenuto prigioniero e fatto lavorare in una fonderia per circa due anni naturalmente durante la Seconda guerra mondiale aspettava un risarcimento ma è andato via senza aver avuto niente». Infine una domanda scorretta da tale «Calibro Nove» per Paglia: «Ti ammiro, ma come fai a stare con Fini?».
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