«Voglio solo continuare a servire il mio Paese, anche in giacca e cravatta». Gianfranco Paglia, casertano, maggiore dell’esercito, parlamentare uscente che in questi giorni tenta la riconferma nelle fila di Fli, ha 43 anni e più di una storia da raccontare. E’ uno dei pochissimi militari cui sia stata riconosciuta la medaglia d’oro al valor militare dopo la battaglia del Pastificio a Mogadiscio – vent’anni fa, era il 2 luglio 1993 – quando per evitare l’ecatombe dei suoi commilitoni sorpresi in un’imboscata da parte dei guerriglieri somali venne colpito più e più volte dal fuoco dei cecchini. Da quel momento, Paglia, ha smesso di camminare ma non di combattere per le sue idee.
E proprio in questo momento di profonda crisi e disorientamento, Gianfranco Paglia spiega: «E’ molto difficile parlare di politica alla gente, oggi. Però posso dire di essere, sotto questo punto di vista, un privilegiato: la mia storia, infatti, è diversa da chi fa politica da anni». Una diversità che Paglia rivendica nel modo di porsi nei confronti dei cittadini: «La gente è diffidente verso la politica, non verso le persone. Io prediligo questo tipo di rapporto. Bisogna essere e rimanere prima ed innanzitutto persone. Ritengo che bisogna rimanere sempre in contatto con i cittadini e sempre, non solo alla vigilia delle elezioni, esporre le proprie idee in maniera seria e leale, senza cercare scorciatoie oppure dandosi ad illudere le persone ubriacandole di promesse. La gente, a queste promesse, non crede più».
Quelle stesse ‘promesse’ che fanno parte di quel modo ‘impresentabile’ di fare politica: «Credo che non si debba mai generalizzare. Io penso – afferma Gianfranco Paglia – che si può parlare all’infinito però se qualcuno, per quanto ritenuto ‘impresentabile’, riesce ad ottenere tanti voti vuole dire che in fondo è ‘presentabile’. Perciò ritengo che sono i cittadini a dover fare questa scelta, facendo valere l’arma del voto. C’è la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, di farsi un’idea e decidere chi mandare al Parlamento: di sicuro è meglio questo che limitarsi alla sola protesta o all’antipolitica».
Sul perché abbia deciso di ripresentarsi agli elettori, Paglia dice: «Per cinque anni da parlamentare ho sostenuto molte battaglie. Non solo per il mondo delle forze armate: dall’ambiente alla cultura, passando per salute e trasporti non mi sono tirato indietro. Alcune le ho vinte, altre le ho perse. Perché la politica la intendo così: mettersi a disposizione dei cittadini, lottare per difendere e sostenere le loro ragioni. Ed io mi ricandido perché voglio servire il mio Paese e non solo con l’uniforme, ma anche in giacca e cravatta». E a chi dice che amor di Patria è concetto obsoleto, quasi passato di moda nel gran calderone della post-modernità, Paglia risponde secco: «Un Paese senza valori è un Paese che non ha futuro né la speranza di averlo. Oggi più che mai c’è bisogno di ritrovare uno spirito di unità contro le spinte che vogliono la divisione».
A cura di Giovanni Vasso